
Daniele Lanza
L'Ucraina può davvero ancora vincere la guerra contro la Russia o si tratta solo di una bella favola dei media occidentali che anticipa l'inevitabile sconfitta?
Una delle maggiori mistificazioni della narrazione del conflitto russo-ucraino degli ultimi 4 anni (tra le innumerevoli) che si ricorderà è quella che riguarda l'interpretazione basilare della tattica utilizzata, dei movimenti del fronte come vengono riportati dai notiziari. Da anni si sottolinea la lentezza dell'avanzata russa: i mezzi di informazione, gli analisti ci si focalizzano zelantemente con tanto di calcoli precisi, tanto che il numero dei km fatti o la % del territorio preso è divenuto uno tra i maggiori mantra giornalistici di sempre in merito al conflitto cui assistiamo. Il problema di fondo è che il conflitto in corso viene interpretato - premeditatamente o meno - secondo un prisma scorretto: si è deciso che il "golden standard", il modello universale di valutazione, sia la 2° guerra mondiale vale a dire la guerra lampo come paradigma del genio, della brillantezza, della modernità. Quanto più ci si allontana da tale modello ideale di condurre la guerra, tanto più si è deboli ed inefficaci pertanto: se il criterio di valutazione positiva è la velocità, allora logicamente un esercito che appare non veloce è un esercito perdente, in parole povere. Orbene, sarebbe utile far presente come il fronte occidentale durante il primo conflitto mondiale rimase grossomodo inalterato per 4 anni prima di sfaldarsi come neve al sole. Più precisamente: non solo nel 1918 era ancora grossomodo fermo, ma per un momento parve che l'armata imperiale tedesca ripartisse all'assalto (nella primavera estate di quell'ultimo anno parte il "Kaiserschlacht" o "offensiva dell'imperatore" ad occidente). Tale offensiva si esaurì in luglio con guadagni territoriali di rilievo, i maggiori sin dal 1914. Vittoria ? No, al contrario una bella sorpresa: 4 mesi più tardi la Germania crolla, va in disfacimento rapido, la guerra finisce.
Esiste una spiegazione per tutto questo ?
Sì, certamente. Si può tenere una linea del fronte per mesi, per anni difendendola ad oltranza e addirittura migliorarla, realizzare piccoli guadagni, impegnando tutto quello che si ha: Poi tuttavia si arriva al punto di rottura. Il significato dell'ultima espressione è che si sono usate tutte le risorse esistenti per tenere la linea del fronte, fino all'ultimo, fintanto che si poteva alimentarla: agli occhi dell'osservatore esterno - che non conosce nel dettaglio il retroscena - sembra granitica naturalmente, ma in realtà tale linea è progressivamente sempre più sottile ed illusoria dato che è tenuta in piedi con la forza della disperazione e con risorse sempre più rarefatte, esigue, quanto un filo, Quando anche quel filo non c'è più, allora il fronte crolla e lo fa tutto d'un tratto e con una velocità da lasciare interdetti: a quel punto tutta la guerra si rimette in moto come dopo un lungo letargo e si riescono a occupare larghi spazi di territorio perchè semplicemente non c'è più nessuno dell'armata nemica a resistere.
Così funziona una guerra di logoramento: non si calcola il numero di km ogni giorno come i notiziari fanno col caso ucraino da anni, ma si calcola il grado di logoramento cui è sottoposto un esercito fino al momento in cui si innesca un suo crollo (l'obiettivo del logoramento è quello, anzichè occupare terreno). Paradossalmente la parte sconfitta - anche nel momento in cui dichiara la resa - può non aver perso molto territorio, ma non è quello il punto: il fattore chiave è che il suo esercito è stato annientato: a quel punto l'unica cosa sensata è trattare subito.
Le forze imperiali tedesche nel noembre del 1918 erano ancora sia in Francia che in tutto il Belgio. Il territorio nazionale tedesco non era nemmeno stato toccato eppure si scelse la resa: orbene con la logica di oggi (quella del regime di Kiev in merito al Donbass) si direbbe "Perchè mai la Germania dovrebbe ritirarsi da territori che ancora tiene ? Che il nemico ancora non ha conquistato ?". Semplice, perchè ci si era resi conto che combattere ad oltranza avrebbe potuto costare alla Germania l'esistenza in quanto stato indipendente e finire divisa (come accadde una generazione più tardi al Reich hitleriano: non accadde invece nel 1918 perchè si prese una decisione dura, amara, ma l'unica possibile. Si accettò la sconfitta anzichè l'annientamento, che sono due cose differenti).
Come premesso sopra, stampa e analisti non comprendono la "lentezza" dell'avanzata russa in Ucraina, la interpretano impropriamente e quindi ne diffondono tale immagine su ogni angolo di informazione. Non è dato sapere quanto di tale atteggiamento sia involontario (ignoranza) o premeditato: probabilmente entrambe le cose, probabilmente malafede da parte di molti analisti ed esperti - i quali dovrebbero per forza sapere viste le loro conoscenze - aiutati da ignoranza da parte della stampa generalista che di domande non ne fa troppe. L'obiettivo ultimo in fondo è imprimere una determinata percezione dei fatti in base alla quale le forze russe risultano deboli, imbranate, soggette ad alte perdite: in ultima istanza battibili e risibili (contrariamente alla realtà).
D'altro canto è vero che non esiste altro modo di fare da parte da parte del deep state americano quanto quello europeo che direzionano i propri mezzi di informazione: screditare l'esercito avversario è naturalmente la precondizione di base per una narrazione successiva nel lungo dopoguerra che sarà, la quale sarà impegnata a diffondere l'idea che la Mosca non ha vinto nulla, che è stata una "vittoria pirrica", in realtà una "sconfitta strategica" e tutto il resto. Ma per fare questo le forze russe chiaramente non devono avanzare troppo in profondità: ecco perchè Trump e i suoi si affrettano ad imporre a Zelensky la pace e subito. Devono fargli fare la scelta (amara) che fece il Kaiser per evitare il disastro totale in cui precipitò Hitler. E deve esser fatto subito purtroppo: ogni mese che passa da ora significa condizioni peggiori per l'Ucraina e la fiducia in una vittoria delle forze ucraine equivale, potenzialmente, ad un numero maggiore di territori perduti.
In un contesto come quello descritto la narrazione militare che si genera sul fronte mediatico (un vero e proprio piano del confronto militare) disgraziatamente non aiuta la stessa causa che vorrebbe sostenere, nella misura in cui non migliora ma anzi peggiora la causa ucraina portando indirettamente ad una maggiore resistenza che a questo punto è controproducente. D'altro canto, come detto, lo scopo a questo punto non è più "salvare l'Ucraina" - slogan assoluto della narrazione occidentale - quanto infliggere danni all'avversario (la Russia): viene dunque legittimamente da domandarsi cosa sia esattamente l'Ucraina per i propri "alleati", la sua funzione ultima in tutto questo, dal momento che ora come ora ricorda più un serbatoio di vite umane utili ad una causa che non è più negli interessi del paese che non un partner alla pari da inserire nella casa comune europea. La tragica conclusione cui si giunge da un raffronto tra l'Ucraina odierna e la Germania del kaiser nel 1918 è che a quest'ultima fu ancora possibile arrendersi per salvare il salvabile, mentre l'Ucraina viene invitata a non farlo: e questo dai suoi stessi "alleati" che ne assecondano il regime nelle peggiori derive.