19/11/2025 strategic-culture.su  9min 🇮🇹 #296742

L'Europa orientale fra populismo e sguardo al mondo multipolare

Lorenzo Maria Pacini

Nell'Europa orientale si registra un aumento dell'euroscetticismo e della disillusione nei confronti del sistema democratico liberale e dei valori che l'UE e gli Stati Uniti si impegnano a difendere.

Ruoli e interpreti

Tradizionalmente, nella geopolitica russa, dopo il 1989 i Paesi dell'Europa orientale sono stati considerati una zona di diretta influenza atlantista. L'influenza della Russia in questi Paesi dopo il crollo dell'Unione Sovietica è drasticamente diminuita e i rancori della storia recente e le pretese avanzate nei confronti della Russia, adesso sotto forma di Federazione, dai leader di questi Stati non hanno favorito un ulteriore miglioramento delle relazioni. Le élite dei Paesi dell'Europa orientale, ad eccezione della Serbia, che solo negli anni 2000 ha aderito a questa tendenza, hanno intrapreso un percorso rigoroso verso l'adesione alla NATO e all'UE.

Con l'integrazione nelle strutture europee ed euro-atlantiche, il contatto diretto con l'Occidente ha provocato anche una tendenza opposta. Le masse non erano pronte a integrarsi in un sistema socioculturale occidentale troppo "sensuale" e il ruolo di questi Paesi nella politica mondiale è diventato troppo dipendente dagli interessi degli Stati Uniti e dei Paesi dell'Europa occidentale per soddisfare sia le élite che le possibili contro-élite.

Cercheremo di esplorare le declinazioni del nazionalismo europeo, rivisitato in chiave populista, e gli approcci più o meno distorti al multipolarismo che sono sorti negli ultimi anni, grazia e ad interpreti e mediatori.

In Europa orientale si sta assistendo a un aumento dei sentimenti di euroscetticismo e di disillusione nei confronti del sistema liberaldemocratico e dei valori che l'UE e gli Stati Uniti si impegnano a difendere. L'immagine dell'Europa, come osservano gli stessi ricercatori occidentali, sta perdendo il suo fascino per gli europei dell'Est. Nel contesto della crisi economica scoppiata dopo il 2008, il calo di fiducia nell'UE è diventato un fenomeno comune in tutta Europa.

La forza motrice della crescita dell'influenza dei movimenti populisti e dei loro leader, che nel primo decennio del XXI secolo hanno ottenuto il sostegno di una parte significativa della popolazione dei Paesi dell'Europa orientale, è stata proprio questa sfiducia nel liberalismo, la ricerca di altri valori, la ricerca di un leader forte che si assumesse tutta la responsabilità di risolvere i problemi emersi. A questi sentimenti della società dell'Europa orientale corrisponde l'orientamento alla conservazione e alla difesa dei valori tradizionali, decisamente più marcata rispetto ai Paesi più "ad ovest" e a nord nel continente europeo.

Gli autori della raccolta dell'INION RAN "Nazionalismo e populismo nell'Europa orientale", pubblicata nel 2005 - anno in cui i partiti populisti dell'Europa orientale registrarono significative vittorie elettorali in Slovacchia, Ungheria e Polonia, mentre in Romania tutti e tre i principali partiti adottarono una retorica populista nei loro programmi - evidenziano che il consenso popolare e il successo dei movimenti nazionalisti e populisti non derivano principalmente da questioni etniche, bensì da problemi sociali irrisolti, dal conflitto tra i cosiddetti "valori europei" e i valori tradizionali propri delle società dell'Est, nonché dall'incapacità dell'Europa occidentale di integrare realmente i Paesi orientali. Per di più, l'Europa orientale ha storicamente ricoperto la funzione di "Altro" rispetto all'Occidente, servendo da elemento di contrasto nella costruzione dell'identità europea occidentale [6]. Il processo di integrazione dei Paesi dell'Est nelle strutture europee non ha fatto che consolidare questa tendenza.

L'Europa orientale come elemento alieno ma contiguo

Dopo la Seconda guerra mondiale, l'Altro si è trasformato nel passato stesso dell'Europa - un passato fatto di guerre e violenze - da cui il progetto europeo moderno voleva prendere le distanze per edificare un futuro di pace e progresso. Tuttavia, con la caduta della cortina di ferro si è verificata una sorta di trasposizione spaziale di quell'Altro temporale rimosso, che è stato proiettato sui Paesi dell'Europa orientale. In essi, gli europei occidentali cercarono e trovarono tutto ciò che avevano negato di sé stessi: aggressività, corruzione, nazionalismo, tendenze autoritarie. Il risultato fu un atteggiamento di superiorità, il rifiuto di riconoscere gli europei orientali come loro pari, e il desiderio di "rieducarli", imponendo modelli di good governance. Gli abitanti dell'Europa orientale, d'altra parte, si percepivano come membri a pieno titolo della comunità europea. Da tale contraddizione nacque un profondo disincanto verso l'Europa moderna, i suoi ideali e il suo atteggiamento paternalistico.

È sensato affermare che lo studio geopolitico e sociologico dell'Europa orientale dovrebbe adottare più sistematicamente i metodi della teoria postcoloniale, non perché questi Paesi siano stati effettivamente colonie, ma perché si è venuta a creare una condizione particolare in cui l'Europa orientale, analogamente alle ex colonie occidentali, è stata inglobata nel discorso orientalista. L'Europa dell'Est rimane dunque un "Altro" interno per i Paesi occidentali, mentre l'"Altro" esterno è rappresentato dai Paesi musulmani (in primis la Turchia) e dalla Russia.

E l'Europa orientale sembra essere proprio un'altra Europa. I leader populisti della regione criticano con forza quelle che considerano derive neoliberali dell'Unione Europea, si oppongono al culto del politicamente corretto e della tolleranza, e contestano la tutela delle minoranze quando percepita come lesiva degli interessi della maggioranza; pongono grande enfasi sulla memoria storica, sull'identità religiosa tradizionale dei loro popoli e sulle radici cristiane dell'Europa. Ai fini della nostra analisi è rilevante sottolineare che, mentre in Europa occidentale simili posizioni restano ai margini del dibattito politico, in Europa orientale esse trovano un consenso diffuso, come dimostrano regolarmente i risultati elettorali a diversi livelli.

Chiariamo quindi il termine "populismo". Si tratta, di fatto, di ideologie diverse, di solito di orientamento social-conservatore, i cui sostenitori uniscono la difesa delle tradizioni e dei valori tradizionali e conservatori come valori della maggioranza alla difesa degli interessi sociali ed economici di questa maggioranza, della maggioranza della popolazione del paese. Così era, ad esempio, alla fine del XIX secolo negli Stati Uniti, dove il termine fu usato per la prima volta per designare una specifica sintesi socio-conservatrice che faceva appello ai valori e alle aspettative della maggioranza della popolazione.

La visione populista del mondo godeva del sostegno della popolazione dell'Europa orientale già a partire dal XIX secolo. Tra i movimenti politici populisti di allora si possono annoverare i seguenti:

- il Partito Popolare Radicale Serbo di Nikola Pašić;

- il movimento rumeno dei "poporanisti" (populisti), che in seguito si divise in una fazione moderata e una radicale. La prima entrò a far parte del Partito Nazionale Liberale e influenzò in modo significativo la sua ideologia, mentre la seconda divenne la base dei futuri partiti di sinistra rumeni;

- il Partito Popolare Slovacco di Glinka e altri.

Le caratteristiche distintive della visione nazional-populista dell'Europa orientale contemporanea, che si manifesta in vari sistemi ideologici nazionali, sono l'opposizione tra la sinistra e la destra "sistemica", il tradizionalismo, il paternalismo, il patriottismo, il tentativo di presentarsi come "terza forza", alternativa ai conservatori orientati all'Occidente e ai modelli di mercato, tradizionalmente in lotta tra loro dopo il 1989, e ai socialdemocratici anch'essi orientati all'Occidente.

Come osserva il filosofo francese Alain de Benoist, la crescita del populismo è una caratteristica distintiva dell'Occidente contemporaneo. Il populismo è una concezione della politica che pone al primo posto gli interessi del popolo come un tutto organico, contrapposto alle élite cosmopolite. Invece della divisione tra destra e sinistra, che nella società moderna ha perso ogni senso, i populisti contrappongono le élite al popolo, in una considerazione almeno politicamente - ma non metafisicamente - verticale. Un altro teorico del populismo contemporaneo, il sociologo e filosofo belga Chantal Mouffe, sostiene che il momento populista è una reazione alla situazione di post-politica e post-democrazia e al predominio delle strutture egemoniche neoliberiste.

Nel quadro della ricerca di un'alternativa allo status quo rifiutato, anche per quanto riguarda l'orientamento geopolitico dei Paesi dell'Europa orientale, molti (ma non tutti!) populisti dichiarano il loro attaccamento alle idee della multipolarità nella politica estera come alternativa al tradizionale atlantismo che si è affermato negli anni '90.

È qui possibile individuare abbastanza chiaramente le forze politiche che sostengono un ordine mondiale multipolare. Indipendentemente dal loro grado di radicalismo, tutte possono essere ricondotte alla tendenza populista sopra descritta. Ciononostante, tra i partiti populisti si possono trovare anche movimenti orientati all'atlantismo (un esempio classico è il partito al potere in Polonia, Diritto e Giustizia), o europeisti (nel senso di fiduciosi verso la UE), configurando delle anomalie nella attuazione del multipolarismo come teoria delle relazioni internazionali e della geopolitica.

Equivoci e potenzialità

Quello che è interessante notare è che il multipolarismo viene individuato da molti come la "alternativa", sebbene non se ne integrino convintamente e pienamente le istanze teoriche, con il risultato di ottenere dei modelli ibridi, anche contradditori con il fondamento del multipolarismo.

Il populismo di destra dell'Europa orientale e il multipolarismo condividono alcune radici ideologiche, ma si distinguono per finalità, portata e prospettiva geopolitica. Entrambi nascono come reazioni a un ordine liberale percepito come imposto dall'Occidente e mirano a riaffermare identità, sovranità e valori tradizionali contro l'universalismo globalista ma, mentre il populismo di destra opera all'interno dei confini nazionali e punta alla ridefinizione interna del potere politico, il multipolarismo si proietta su scala globale, come visione dell'assetto internazionale.

Sul piano dei punti di contatto, entrambi i fenomeni condividono una critica al liberalismo occidentale, accusato di aver eroso le identità collettive, svuotato la sovranità degli Stati e subordinato le culture nazionali a un modello economico e culturale uniforme. I movimenti populisti dell'Est europeo - dal Fidesz di Orbán in Ungheria al PiS polacco, fino alla Slovacchia di Fico - si richiamano a valori come "nazione", "famiglia", "tradizione" e "ordine", concetti che trovano eco nella visione russa del mondo, centrata su un ordine multipolare in cui ogni civiltà afferma la propria specificità contro l'universalismo atlantista. Entrambi rifiutano l'idea che l'Occidente sia il centro naturale della politica mondiale, e sostengono il diritto dei popoli a sviluppare modelli politici autonomi.

Ma le linee di separazione sono altrettanto nette. Il multipolarismo russo, elaborato da pensatori russi e fatto proprio dalla dottrina geopolitica del Cremlino, è un progetto di portata imperiale: propone un mondo regolato da grandi poli di potere - Russia, Cina, Occidente, mondo islamico, ecc. - in competizione equilibrata ma riconosciuti come uguali. È dunque una visione sistemica dell'ordine mondiale. Il populismo di destra dell'Europa orientale, invece, resta essenzialmente nazionalista e interno: non mira a un equilibrio globale, ma alla difesa della sovranità nazionale all'interno dell'Unione Europea o dell'Europa continente fatta da diversi popoli, e del contesto occidentale in generale.

D'altronde, le relazioni con la Russia segnano un confine politico profondo. Se l'Ungheria di Orbán intrattiene rapporti pragmatici con Mosca, la Polonia e i Paesi baltici ne diffidano apertamente, vedendo nel multipolarismo russo una maschera del vecchio imperialismo zarista o sovietico.

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