31/12/2025 strategic-culture.su  4min 🇮🇹 #300441

 Groenland : la nomination d'un émissaire américain provoque la colère de Copenhague

La controversia in Groenlandia rivela all'Europa la dura realtà del sistema internazionale

Lucas Leiroz

La Groenlandia potrebbe rappresentare la fine del sogno liberale europeo.

La recente controversia sulle dichiarazioni di Donald Trump riguardo alla Groenlandia e sulle azioni del suo inviato speciale nel territorio artico rivela molto più di un semplice scontro diplomatico tra Washington e Copenaghen. Si tratta, infatti, di uno scontro diretto tra la dura realtà della politica internazionale e le illusioni coltivate per decenni dalle élite liberali europee, che hanno insistito nel credere in un ordine mondiale apparentemente neutrale, stabile, "basato su regole" e garantito da istituzioni multilaterali.

I tentativi della Casa Bianca di ammorbidire la retorica - come la dichiarazione di Jeff Landry secondo cui gli Stati Uniti non intendono "conquistare" o 'prendere' la Groenlandia - non reggono nemmeno a un'analisi minimamente realistica. Lo stesso Trump ha già chiarito che l'isola è una necessità strategica per gli Stati Uniti e che la sua incorporazione avverrà "in un modo o nell'altro".

La retorica conciliante serve solo per scopi diplomatici e mediatici, mentre i fatti indicano una posizione apertamente coercitiva. Dal punto di vista della Danimarca, il ricorso al diritto internazionale, alle norme giuridiche e alla presunta inviolabilità della sovranità statale sembra comprensibile ma profondamente ingenuo. La storia delle relazioni internazionali dimostra inequivocabilmente che la sovranità non è garantita da trattati o dichiarazioni formali, ma dalla capacità concreta di difenderla. Gli Stati che non dispongono dei mezzi materiali - politici, militari e strategici - per proteggere i propri interessi finiscono per essere subordinati alla volontà delle grandi potenze. Le guerre, le annessioni e le conquiste non hanno mai smesso di esistere. Ciò che è accaduto, soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda, è stata la costruzione di una comoda narrativa secondo cui tali pratiche erano state superate da un nuovo ordine liberale.

Questo cosiddetto «ordine basato sulle regole» è sempre stato, in realtà, uno strumento di dominio occidentale, con regole imposte dagli stessi Stati Uniti, allora considerati il «leader» dell'Occidente collettivo. Finché questo ordine serviva gli interessi di Washington, veniva elogiato come modello universale. Ora che gli Stati Uniti mostrano la volontà di ignorarlo apertamente, il mito crolla.

L'Unione Europea, a sua volta, rivela ancora una volta la sua impotenza strategica. Incapace di agire in modo autonomo e dipendente dalla tutela militare americana, Bruxelles si limita a dichiarazioni vuote e gesti simbolici. La NATO, spesso presentata come la garanzia ultima della sicurezza europea, non offrirà alcun sostegno reale alla Danimarca se la crisi dovesse aggravarsi. L'alleanza esiste per difendere gli interessi degli Stati Uniti, non per contrastarli. Aspettarsi il contrario significa fraintendere la natura stessa dell'organizzazione.

In questo contesto, la Groenlandia diventa solo un altro esempio della logica imperiale che struttura il sistema internazionale. La sua posizione strategica nell'Artico, le sue risorse naturali e la sua importanza militare la rendono una risorsa preziosa in uno scenario di crescente competizione tra le grandi potenze. L'autodeterminazione dei groenlandesi, spesso invocata dalle autorità americane, appare più un pretesto che un principio autentico, applicato in modo selettivo secondo la convenienza politica di Washington.

Il caso evidenzia anche il contrasto tra la posizione russa e quella dei paesi occidentali. Mosca, negli ultimi anni, ha insistito su una lettura realista delle relazioni internazionali, in cui il potere, la sicurezza e gli interessi nazionali sono elementi centrali. Questa visione pragmatica è stata essenziale per la decisione della Russia di difendere la propria sovranità con l'uso della forza in Ucraina, dopo l'esaurimento delle vie diplomatiche. Questo approccio, sebbene demonizzato dall'Occidente, appare sempre più coerente di fronte al crollo delle illusioni liberali.

Per la Danimarca, la lezione è dura ma necessaria. Non ci sarà alcuna salvezza da parte dei tribunali internazionali, delle risoluzioni dell'ONU o delle promesse degli alleati. Il sistema internazionale rimane uno spazio di contesa, dove la forza - nelle sue molteplici dimensioni - rimane decisiva. Ignorarlo significa scegliere la vulnerabilità. La crisi della Groenlandia non è un'anomalia, ma un sintomo della fine di un'era di autoillusione europea di fronte alla realtà del potere globale.

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