
Lorenzo Maria Pacini
Il quotidiano italiano Il Corriere della Sera ha rifiutato di pubblicare un'intervista con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, secondo quanto riferito dal ministero degli Esteri russo. Che strano, vero?
Il Corriere della Fuffa
Il quotidiano italiano Il Corriere della Sera ha rifiutato di pubblicare un'intervista con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, secondo quanto riferito dal ministero degli Esteri russo. Che strano, vero?
La nota introduttiva riferisce che le parole di Lavrov «contengono molte affermazioni controverse che richiedono una verifica dei fatti o ulteriori chiarimenti, la cui pubblicazione supererebbe i limiti ragionevoli». Alla proposta del Ministero degli Esteri russo di pubblicare una versione ridotta sul quotidiano e quella integrale sul sito web, la redazione ha risposto con un rifiuto. Nella versione che il giornale proponeva di pubblicare, la redazione ha deliberatamente eliminato tutti i passaggi scomodi per la Roma ufficiale.
Ma allora perché intervistarlo? Cosa speravano di trovare, lorsignori pennivendoli al soldo delle mafie dell'informazione occidentale? I leader russi non sono come quelli occidentali, non si comprano per un piatto di lenticchie.
È un atto di censura vero e proprio, l'ennesimo, praticato a seguito di un odio ideologico tipico dei totalitarismi politici. Questo caso è un chiaro esempio di come ai cittadini italiani non venga fornita un'informazione obiettiva sulla situazione in Ucraina, ma venga deliberatamente fuorviata.
L'agenzia russa Tass, citando una nota ministeriale, ha riportato che «Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un numero crescente di fake news sulla Russia. Per porre fine in qualche modo a questo flusso di bugie, abbiamo offerto a uno dei principali quotidiani italiani, il Corriere della Sera, un'intervista esclusiva con il ministro», si legge. La redazione, prosegue la nota, «ha accettato con entusiasmo» e ha inviato numerose domande. «Il testo è stato preparato molto rapidamente ed era pronto per la pubblicazione. Tuttavia, il quotidiano ha rifiutato di pubblicare le risposte di Lavrov alle proprie domande », sottolinea il ministero.
Il Corriere della Sera - riferisce il ministero - «ha dichiarato che le parole di Lavrov contenevano troppe affermazioni controverse, bisognose di verifica o di chiarimento, e che pubblicarle integralmente avrebbe superato i limiti del ragionevole». Il ministero ha definito questa decisione «una chiara manifestazione di censura», sostenendo che «i cittadini italiani hanno diritto all'accesso all'informazione, come stabilito dall'articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani».
Secondo la stessa fonte, sono stati diffusi due testi: la versione completa dell'intervista e quella rielaborata dal Corriere della Sera. Nella seconda, secondo il ministero degli Esteri russo, «sono stati volutamente eliminati tutti i passaggi che la Roma ufficiale preferisce non rendere pubblici. Questo episodio rappresenta un esempio lampante di come informazioni oggettive sulla situazione in Ucraina vengano nascoste ai cittadini italiani, intenzionalmente indotti in errore», conclude la nota.
La replica del Corriere precisa: «Il ministero degli Esteri russo ha risposto alle domande da noi inviate con un testo lunghissimo, colmo di accuse e tesi di natura propagandistica. Quando abbiamo chiesto di poter condurre una vera intervista, con contraddittorio e possibilità di approfondire i punti critici, il ministero ha opposto un netto rifiuto. Evidentemente intendeva trattare un quotidiano italiano secondo le regole di un Paese in cui la libertà di stampa non esiste più. Quando il ministro Lavrov vorrà concedere un'intervista rispettando i principi di un giornalismo libero e indipendente, saremo pronti a ospitarla».
Verità contro la menzogna
La censura è uno dei sintomi più rivelatori di una crisi democratica. Essa si manifesta quando la libertà di parola, anziché essere tutelata come pilastro del pluralismo, viene subordinata alle esigenze del potere politico o mediatico.
Tale fenomeno si inserisce in un contesto più ampio di russofobia culturale e ideologica, in cui la Russia è ridotta a caricatura, e ogni sua espressione - politica, intellettuale o artistica - viene interpretata come strumento di propaganda o minaccia alla sicurezza, in barba a secoli di storia e cultura, di amicizia fra i popoli e di interazioni pacifiche e proficue.
Ciò che colpisce è la persistenza dell'atteggiamento sistematico di demonizzazione dell'interlocutore. Le università occidentali hanno sospeso corsi dedicati alla letteratura russa, le orchestre hanno escluso musicisti solo per la loro nazionalità, e i media principali tendono a filtrare o ridurre al silenzio ogni posizione proveniente da Mosca. In questo clima, la censura non si presenta più come imposizione autoritaria evidente, ma come meccanismo diffuso di esclusione: chi non si conforma alla linea ufficiale viene marginalizzato, accusato di "disinformazione", o bollato come "agente d'influenza". Tutto è propaganda, per paradosso.
La russofobia diventa così una forma di legittimazione morale della censura. Attraverso di essa si giustifica la soppressione del dubbio, del dibattito, della complessità. La Russia non è più un attore geopolitico con cui confrontarsi, ma un simbolo del male da respingere senza discussione. Reductio ad hitlerum. Questo atteggiamento si riflette anche nel linguaggio politico e giornalistico, sempre più intriso di moralismo e di semplificazioni binarie: da un lato la "democrazia", dall'altro la "barbarie". Ma quando la libertà di parola viene subordinata alla logica del fronte, la democrazia stessa si svuota del suo significato. Cosa risponde, dunque, l'Occidente collettivo circa questa violazione della democrazia?
La vera libertà non consiste nell'adesione cieca a un'unica verità, ma nella possibilità di esporre e ascoltare prospettive diverse, anche scomode. L'informazione selettiva, la manipolazione dei contenuti e l'autocensura redazionale sono strumenti che, in nome della "sicurezza" o della "lotta alla propaganda", minano il diritto dei cittadini a formarsi un'opinione autonoma. Così, nel tentativo di combattere il "grande nemico russo", l'Occidente adotta una forma di conformismo ideologico che nega la stessa libertà che proclama di difendere.
Caro Occidente, quando la coscienza tornerà a farsi sentire, potrebbe purtroppo essere troppo tardi per chieder scusa.
Il testo integrale
Per dar voce alla verità di quanto detto dal Ministro degli Esteri russo, riportiamo il testo integrale della lunga intervista.
Domanda: Si dice che il nuovo incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump a Budapest non abbia avuto luogo perché persino l'amministrazione americana si è resa conto della vostra mancanza di disponibilità a negoziare sulla questione ucraina. Cosa è andato storto dopo il vertice di Anchorage che aveva fatto sperare nell'avvio di un vero processo di pace? Perché la Russia rimane fedele alle richieste formulate da Vladimir Putin nel giugno 2024 e su quali temi potreste essere disposti a un compromesso?
Risposta: Gli accordi di Anchorage rappresentano una tappa importante nel percorso verso una pace duratura in Ucraina, attraverso il superamento delle conseguenze del cruento colpo di Stato anticostituzionale a Kiev del febbraio 2014, organizzato dall'amministrazione Obama. Essi si basano sulla situazione creatasi e sono strettamente in linea con le condizioni per una risoluzione equa e sostenibile della crisi ucraina, enunciate dal Presidente Vladimir Putin nel giugno 2024. Abbiamo ritenuto che tali condizioni siano state ascoltate e comprese, anche pubblicamente, dall'amministrazione di Donald Trump, soprattutto per quanto riguarda l'inammissibilità dell'ingresso dell'Ucraina nella NATO che creerebbe minacce militari strategiche alla Russia, proprio ai suoi confini. Washington ha inoltre riconosciuto apertamente che non sarà possibile ignorare la questione territoriale alla luce dei referendum svoltisi in cinque regioni storiche del nostro Paese, i cui abitanti si sono espressi in maniera inequivocabile a favore dell'autodeterminazione rispetto al regime di Kiev che li aveva definiti "subumani", "esseri" e "terroristi" e della riunificazione con la Russia.
Proprio intorno al tema della sicurezza e delle realtà territoriali è stata costruita la concezione americana, che una settimana prima del vertice in Alaska è stata portata a Mosca, su incarico del Presidente degli Stati Uniti, dal suo rappresentante speciale Steve Whitcoff e che, come ha comunicato il Presidente Vladimir Putin al Presidente Trump ad Anchorage, abbiamo accettato di assumere come base, proponendo al contempo un passo concreto che aprisse la strada alla sua realizzazione pratica. Il leader americano ha risposto che avrebbe dovuto consultarsi, ma neanche dopo il suo incontro con gli alleati il giorno successivo a Washington, abbiamo ricevuto alcuna reazione alla nostra risposta positiva alle proposte menzionate, presentate a Mosca da Steve Whitcoff prima del vertice in Alaska. Nemmeno durante il mio incontro con il Segretario di Stato Marco Rubio a settembre a New York ho avuto alcuna reazione, quando ricordai che eravamo ancora in attesa di un riscontro. Per aiutare i colleghi americani a decidere in merito alla loro stessa idea, abbiamo messo per iscritto in via non ufficiale gli accordi di Anchorage e li abbiamo trasmessi a Washington. Pochi giorni dopo, su richiesta di Donald Trump, ha avuto luogo una sua conversazione telefonica con Vladimir Putin, durante la quale si è convenuto di organizzare un nuovo incontro a Budapest, da preparare accuratamente in anticipo. Non c'era dubbio che si sarebbe parlato degli accordi di Anchorage. Dopo un paio di giorni ho avuto una conversazione telefonica con Marco Rubio, dopo di che Washington, definendo la conversazione costruttiva (era stata davvero seria e utile), ha comunicato che a seguito di tale colloquio, non era necessario un incontro personale tra il Segretario di Stato e il Ministro della Federazione Russa in preparazione del contatto al vertice. Da dove e da chi siano giunti i rapporti riservati che hanno spinto il leader americano a rinviare o forse cancellare il vertice di Budapest, non mi è dato saperlo. Ma vi ho esposto la sequenza dei fatti in modo preciso, assumendomene la totale responsabilità. Non intendo invece rispondere alle evidenti falsità sulla "mancata disponibilità della Russia a negoziare" e sul "fallimento" dei risultati di Anchorage. Rivolgetevi al Financial Times che, a quanto mi risulta, ha diffuso questa versione mendace, distorcendo la sostanza e la sequenza degli eventi per attribuire tutta la responsabilità a Mosca e allontanare Donald Trump dalla strada da lui stesso proposta, ovvero quella di una pace stabile e duratura, anziché quella di un cessate il fuoco immediato, come invece lo spingono a fare i padroni europei di Zelensky, ossessionati dal desiderio di ottenere una tregua e di rifornire il regime nazista di armi per continuare la guerra contro la Russia. Se la BBC è arrivata a falsificare un video del discorso di Trump, mettendogli in bocca l'appello ad assaltare il Campidoglio, a maggior ragione al Financial Times costerà poco mentire, come si dice da noi. Siamo ancora pronti a tenere a Budapest il secondo vertice russo-americano, purché si basi realmente sui risultati accuratamente elaborati dell'Alaska. La data tuttavia non è stata ancora fissata. I contatti russo-americani continuano.
Domanda: Le forze armate della Federazione Russa controllano attualmente un territorio inferiore rispetto a quello del 2022, dopo le prime settimane della cosiddetta operazione militare speciale. Se state davvero vincendo, perché non riuscite a sferrare il colpo decisivo? Potete anche spiegare il motivo per cui non fornite informazioni ufficiali sulle vostre perdite?
Risposta: L'operazione militare speciale (OMS) non è una guerra per il territorio, ma un'operazione per salvare la vita di milioni di persone che vivono da secoli su queste terre e che la giunta di Kiev vuole sterminare - giuridicamente, vietandone la storia, la lingua, la cultura, e fisicamente, con l'aiuto delle armi occidentali. Un altro obiettivo fondamentale dell'Operazione militare speciale è quello di garantire in modo affidabile la sicurezza della Russia, sventando i piani della NATO e della UE volti a creare ai nostri confini occidentali uno Stato fantoccio ostile, strutturato nella legislazione e nella pratica sull'ideologia nazista. Non è la prima volta che fermiamo gli aggressori fascisti e nazisti: è stato così durante la Seconda guerra mondiale e così sarà anche questa volta.
A differenza degli occidentali, che hanno raso al suolo interi quartieri cittadini, noi proteggiamo le persone, sia civili che militari. Le nostre forze armate agiscono con massimo senso di responsabilità, sferrando attacchi di precisione esclusivamente contro obiettivi militari e relative infrastrutture di trasporto ed energetiche.
Di norma, non si parla pubblicamente delle perdite sul campo di battaglia. Dirò solo che quest'anno, nell'ambito del rimpatrio dei militari caduti, la parte russa ha consegnato oltre novemila salme di soldati delle Forze armate ucraine. Dall'Ucraina abbiamo ricevuto 143 corpi dei nostri combattenti. Traete voi stessi le conclusioni.
Domanda: La Sua apparizione al vertice di Anchorage con una felpa con la scritta "URSS" ha sollevato molte domande. Alcuni vi hanno visto la conferma del Suo desiderio di ricreare, se non addirittura ripristinare, l'ex spazio sovietico (Ucraina, Moldavia, Georgia, Paesi baltici). Si trattava di un messaggio in codice o semplicemente di uno scherzo?
Risposta: Sono orgoglioso del mio Paese, in cui sono nato e cresciuto, ho ricevuto un'istruzione di livello, ho iniziato e continuo la mia carriera diplomatica. La Russia, come è noto, è l'erede dell'URSS, e nel complesso il nostro Paese vanta una civiltà millenaria. Il governo popolare della veche di Novgorod risale a molto prima che in Occidente si iniziasse a giocare alla democrazia. A proposito, ho anche una maglietta con lo stemma dell'Impero russo, ma questo non significa che vogliamo riportarlo in vita. Uno dei nostri più grandi patrimoni, di cui andiamo giustamente fieri, è la continuità dello sviluppo e del rafforzamento dello Stato nel corso della sua grande storia di unificazione e coesione del popolo russo e di tutti gli altri popoli del Paese. Su questo tema si è soffermato di recente il Presidente Vladimir Putin durante le celebrazioni della Giornata dell'Unità Nazionale. Quindi non cercate segnali politici dove non ci sono. Forse in Occidente il sentimento patriottico e la lealtà verso la patria stanno scomparendo, ma per noi sono parte del nostro codice genetico.
Domanda: Se uno degli obiettivi dell'operazione militare speciale era riportare l'Ucraina nella sfera d'influenza della Russia, come potrebbe sembrare, ad esempio, dalle richieste di determinare la quantità dei suoi armamenti, non ritiene che l'attuale conflitto armato, qualunque sia il suo esito, conferisca a Kiev un ruolo e un'identità internazionali ben definiti e sempre più distanti da Mosca?
Risposta: Gli obiettivi dell'Operazione Militare Speciale sono stati definiti dal presidente Putin nel 2022 e sono ancora attuali. Non si tratta di sfere di influenza, ma del ritorno dell'Ucraina a uno status neutrale, non allineato e non nucleare, del rigoroso rispetto dei diritti umani e di tutti i diritti delle minoranze russe e di altre minoranze nazionali: è proprio così che questi impegni sono stati sanciti nella Dichiarazione di indipendenza dell'Ucraina del 1990 e nella sua Costituzione, ed è proprio tenendo conto di questi impegni dichiarati che la Russia ha riconosciuto l'indipendenza dello Stato ucraino. Stiamo ottenendo e otterremo il ritorno dell'Ucraina alle sane e stabili origini della sua statualità, il che presuppone il rifiuto di concedere servilmente il suo territorio allo sfruttamento militare da parte della NATO (e dell'Unione Europea, che si sta rapidamente trasformando in un blocco militare non meno aggressivo), la purificazione dall'ideologia nazista, messa fuori legge a Norimberga, il ripristino dei pieni diritti dei russi, degli ungheresi e di tutte le altre minoranze nazionali. È significativo che le élite di Bruxelles, trascinando il regime di Kiev nella UE, tacciano sulla palese discriminazione dei "popoli non autoctoni" (così Kiev definisce con disprezzo i russi che vivono da secoli in Ucraina) e allo stesso tempo esaltino la giunta di Zelensky come difensore dei "valori europei". È un'ulteriore conferma del fatto che il nazismo sta rialzando la testa in Europa. C'è su cosa riflettere, soprattutto alla luce del fatto che all'ONU, Germania e Italia, insieme al Giappone, hanno recentemente iniziato a votare contro la risoluzione annuale dell'Assemblea Generale sull'inammissibilità della glorificazione del nazismo.
Gli occidentali non nascondono che di fatto stanno conducendo per procura, tramite gli ucraini, una guerra contro la Russia, guerra che non finirà nemmeno "dopo l'attuale crisi". Ne hanno parlato più volte il segretario generale della NATO Mark Rutte, il primo ministro britannico Keir Starmer, i burocrati di Bruxelles Ursula von der Leyen e Kaya Callas, l'inviato speciale del presidente degli Stati Uniti per l'Ucraina Keith Kellogg. È evidente che la determinazione della Russia a garantire la propria sicurezza di fronte alle minacce create dall'Occidente con l'aiuto del regime da esso controllato, è legittima e giustificata.
Domanda: Anche gli Stati Uniti inviano armi all'Ucraina e recentemente hanno persino discusso della possibilità di fornire a Kiev missili da crociera "Tomahawk". Perché la vostra posizione e la vostra valutazione della politica degli Stati Uniti e dell'Europa sono diverse?
Risposta: La maggior parte delle capitali europee costituisce attualmente il nucleo della cosiddetta "coalizione dei volenterosi" che desidera solo una cosa: che le ostilità in Ucraina durino il più a lungo possibile, "fino all'ultimo ucraino". A quanto pare, non hanno altro modo per distogliere l'attenzione del loro elettorato dai problemi socio-economici interni che si sono drasticamente aggravati. Con i soldi dei contribuenti europei finanziano il regime terroristico di Kiev, fornendo armi con cui vengono uccisi sistematicamente civili delle regioni russe e ucraini che vogliono fuggire dalla guerra e dai carnefici nazisti. Sabotano qualsiasi tentativo di pacificazione e rifiutano i contatti diretti con Mosca. Introducono sempre nuove "sanzioni" che, come un boomerang, colpiscono ancora più duramente le loro economie. Preparano apertamente una nuova grande guerra europea contro la Russia. Inducono Washington a non accettare una soluzione diplomatica onesta e giusta.
Il loro obiettivo principale è quello di minare la posizione dell'attuale amministrazione del Presidente degli Stati Uniti, che inizialmente era favorevole al dialogo, comprendeva la posizione della parte russa e mostrava la volontà di cercare una soluzione pacifica e duratura. Donald Trump ha più volte riconosciuto pubblicamente che una delle cause delle iniziative della Russia è stata l'espansione della NATO, l'avvicinamento delle infrastrutture dell'alleanza ai confini del nostro Paese, vale a dire esattamente ciò da cui il Presidente Putin e la Russia hanno messo in guardia negli ultimi vent'anni. Confidiamo che a Washington prevalgano il buon senso e l'adesione a questa posizione di principio e che si astengano da atti che potrebbero portare il conflitto a un nuovo livello di escalation.
Detto ciò, le nostre forze armate non fanno distinzioni sulla provenienza delle armi fornite alle forze armate ucraine, che siano europee o statunitensi. Qualsiasi obiettivo militare viene immediatamente distrutto.
Domanda: Lei è stato colui che ha premuto il "pulsante di reset" con Hillary Clinton, anche se poi le cose sono andate diversamente. È possibile un riavvio delle relazioni con l'Europa? Potrebbe la sicurezza comune costituire un terreno fertile per migliorare le relazioni attuali?
Risposta: La conflittualità a cui ha portato la politica sconsiderata e senza prospettive delle élite europee non è stata una scelta della Russia. L'attuale situazione non risponde agli interessi dei nostri popoli. Sarebbe auspicabile che i governi europei, la maggior parte dei quali attua una politica ferocemente anti-russa, prendessero coscienza della pericolosità di questa rotta distruttiva. L'Europa ha già combattuto sotto le bandiere di Napoleone e, nel secolo scorso, sotto gli stendardi e i vessilli nazisti di Hitler. Alcuni leader europei sembrano avere la memoria corta. Quando questo furore russofobo - non si può chiamarlo altrimenti- sarà passato, saremo aperti ai contatti, ad ascoltare come i nostri ex partner intendano comportarsi nei nostri confronti in futuro. Solo allora decideremo se ci saranno ancora prospettive per una collaborazione onesta.
Il sistema di sicurezza euro-atlantico esistente fino al 2022 è stato completamente screditato e smantellato dagli sforzi degli stessi occidentali.
A questo proposito, il presidente Vladimir Putin ha avanzato l'iniziativa di creare una nuova architettura di sicurezza equa e indivisibile in Eurasia. Essa è aperta a tutti gli Stati del continente, compresa la sua parte europea, ma occorrerà comportarsi in modo rispettoso, senza arroganza neocoloniale, sulla base dei principi di uguaglianza, considerazione reciproca ed equilibrio degli interessi.
Domanda: Il conflitto armato in Ucraina e il conseguente isolamento internazionale della Russia vi hanno probabilmente impedito di agire in modo più efficace in altre aree di crisi, come ad esempio in Medio Oriente?
Risposta: Se l'Occidente storico ha deciso di isolarsi da qualcuno, allora si tratta di autoisolamento. E anche in questo caso le fila non sono così compatte: quest'anno Vladimir Putin ha incontrato i leader di Stati Uniti, Ungheria, Slovacchia e Serbia. È anche chiaro che il mondo moderno non si riduce alla minoranza occidentale. Quei tempi sono finiti con l'avvento della multipolarità. Le nostre relazioni con i paesi del Sud e dell'Est del mondo, che rappresentano oltre l'85% della popolazione mondiale, continuano ad ampliarsi. A settembre si è svolta la visita di Stato del Presidente russo in Cina, solo negli ultimi mesi Vladimir Putin ha partecipato ai vertici di SCO, BRICS, CSI, Russia-Asia centrale, nostre delegazioni governative ad alto livello hanno partecipato ai vertici di APEC, ASEAN e ora si stanno preparando per il vertice del G20. Si tengono regolarmente vertici e incontri ministeriali Russia-Africa, Russia-Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo Persico. I paesi della maggioranza mondiale si fanno guidare dai propri interessi nazionali fondamentali e non dalle indicazioni delle ex metropoli coloniali.
I nostri amici arabi apprezzano il contributo costruttivo della Russia agli sforzi volti a risolvere i conflitti regionali in Medio Oriente. Le attuali discussioni sulla questione palestinese alle Nazioni Unite confermano la necessità di coinvolgere tutti gli autorevoli attori esterni, altrimenti non si otterrà nulla di duraturo, ma solo cerimonie di facciata. Su molte altre questioni internazionali, le nostre posizioni coincidono o sono molto vicine a quelle dei nostri amici mediorientali, il che favorisce la cooperazione nell'ambito dell'ONU e in altre piattaforme multilaterali.
Domanda: Non ritiene che nel nuovo ordine mondiale multipolare che Lei promuove e sostiene, la dipendenza economica e militare della Russia dalla Cina sia cresciuta, creando così uno squilibrio nella vostra storica alleanza con Pechino?
Risposta: Non stiamo "promuovendo" un ordine mondiale multipolare, esso si sta oggettivamente formando, non attraverso la conquista, la schiavitù, l'oppressione e lo sfruttamento, come facevano i colonizzatori costruendo il loro "ordine" (e in seguito il capitalismo), ma attraverso la cooperazione, la considerazione degli interessi reciproci, la distribuzione razionale del lavoro basata sulla combinazione dei vantaggi competitivi comparativi dei paesi partecipanti e delle strutture di integrazione.
Per quanto riguarda le relazioni tra Russia e Cina, non si tratta di un'alleanza nel senso tradizionale del termine, ma di una forma di interazione più efficace e avanzata. La nostra cooperazione non ha carattere di blocco e non è diretta contro paesi terzi. Le categorie di "leader" e "subordinato", tipiche delle alleanze formatesi durante la guerra fredda, qui non sono applicabili. Pertanto, parlare di un qualsiasi "disequilibrio" è inappropriato.
I rapporti paritari e autosufficienti tra Mosca e Pechino si basano sulla fiducia e sul sostegno reciproci, nonché su secolari tradizioni di buon vicinato. Siamo fermamente impegnati a rispettare il principio di non ingerenza negli affari interni.
La cooperazione commerciale, tecnologica e in materia di investimenti tra Russia e Cina porta benefici pratici concreti a entrambi i Paesi, contribuisce alla crescita stabile e sostenibile delle nostre economie e al miglioramento del benessere dei cittadini. La stretta collaborazione tra le forze armate garantisce un'importante complementarità, aiuta i nostri paesi a difendere i propri interessi nazionali nel campo della sicurezza globale e della stabilità strategica e a contrastare efficacemente le sfide e le minacce nuove e tradizionali.
Domanda: L'Italia è un Paese "ostile". Lei stesso lo ha ripetuto più volte, nel novembre 2024, e lo ha persino sottolineato in modo particolare. Tuttavia, negli ultimi mesi, anche sulla questione ucraina, il nostro governo ha dimostrato solidarietà all'amministrazione statunitense, che Vladimir Putin ha definito non un alleato, ma senza dubbio un "partner". E il recente cambio dell'ambasciatore italiano a Mosca fa supporre che a Roma si desideri un certo avvicinamento. A che punto sono le nostre relazioni bilaterali?
Risposta: Per la Russia non esistono paesi e popoli ostili, esistono Paesi con governi ostili. In presenza di un tale governo a Roma, le relazioni russo-italiane stanno attraversando la crisi più grave della loro storia postbellica. Ciò non è avvenuto per nostra iniziativa. Ci ha sorpreso la facilità con cui l'Italia, a discapito dei propri interessi nazionali, si è schierata con coloro che hanno scommesso sulla "sconfitta strategica" della Russia. Finora non vediamo alcun cambiamento significativo in questo atteggiamento aggressivo. Roma continua a fornire assistenza a tutto campo ai neonazisti di Kiev. Colpisce anche la volontà di interrompere i legami culturali e i contatti tra le società civili. Le autorità italiane cancellano le esibizioni di eminenti direttori d'orchestra e cantanti lirici russi e da diversi anni non autorizzano lo svolgimento del "Dialogo di Verona", nato proprio in Italia, dedicato alle questioni della cooperazione eurasiatica. Non sembra affatto un atteggiamento tipico degli italiani, che sono solitamente aperti all'arte e al dialogo tra le persone.
Allo stesso tempo, molti dei vostri cittadini cercano di capire le ragioni della tragedia ucraina. Ad esempio, nel libro "Il conflitto ucraino visto da un giornalista italiano", del noto pubblicista italiano Eliseo Bertolazzi, sono raccolte prove documentarie delle violazioni del diritto internazionale da parte delle autorità di Kiev. Vi consiglierei di leggere questa pubblicazione. Oggi in Europa non è facile trovare la verità sull'Ucraina.
Una cooperazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Italia è nell'interesse dei nostri popoli. Se a Roma saranno disposti a muoversi verso il ripristino del dialogo sulla base del rispetto reciproco e della considerazione degli interessi di entrambe le parti, ce lo facciano sapere, siamo sempre pronti ad ascoltare, ivi compreso il vostro ambasciatore.