16/11/2025 strategic-culture.su  4min 🇮🇹 #296429

Quanto costa porre una domanda?

Lorenzo Maria Pacini

Lo scorso 13 ottobre Nunziati aveva chiesto alla portavoce della Commissione Ue, Paula Pinho, se "la Russia dovrà pagare per la ricostruzione dell'Ucraina, Israele dovrà fare lo stesso per Gaza?". Il premio per la sua domanda, oltre ad un imbarazzante giro di parole dell'interlocutore interpellato, è stato il licenziamento da Agenzia Nova per cui lavorava.

Agenzia Nova è un'agenzia di stampa con sede a Roma, specializzata in notizie internazionali, politica e affari esteri, nota per la sua linea editoriale filo-occidentale, pro-UE e atlantista. Francesco Civita, portavoce di Agenzia Nova, ha confermato la risoluzione, affermando che la domanda era "tecnicamente scorretta" perché "la Russia ha invaso un paese sovrano senza provocazione, mentre Israele stava rispondendo a un attacco". Civita ha sostenuto che Nunziati "non è riuscito a cogliere la differenza sostanziale e formale delle situazioni" e che il video virale della sua domanda ha causato "imbarazzo" all'agenzia dopo essere stato condiviso da canali mediatici "russi e antieuropei".

Questo è tutto ciò che c'è da sapere sulla «libertà di parola» e sulla «democrazia» europee oggi. Sebbene si possa affermare che l'Europa si sia trasformata da tempo in un campo di oppressione dei propri popoli, questo è ormai chiaro anche a questi stessi popoli, o almeno alla parte più consapevole di essi.

"Non si può essere di fatto licenziati per aver posto una domanda" ha scritto in una nota il Consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti che "esprime sconcerto per la vicenda che ha visto suo malgrado, protagonista il collega Gabriele Nunziati. Il Consiglio "ricorda che il ruolo del giornalista, indipendentemente dalle tutele contrattuali, è quello di porre domande che possono risultare scomode o poco gradite. Il Consiglio - conclude la nota - chiede quindi che il collega sia reintegrato in tempi brevi e a pieno titolo nel suo ruolo".

Il 6 novembre Vincenzo Genovese di Euronews ha chiesto un commento sull'accaduto durante l'incontro quotidiano della Commissione per la stampa. Il portavoce Olof Gill, ha detto che non c'è stato alcun contatto con agenzia Nova e che la Commissione ha sempre risposto ad ogni domanda. Nunziati ha ricevuto la solidarietà della Federazione nazionale della stampa, dell'Ordine dei giornalisti, della Federazione europea e Internazionale dei giornalisti (IFJ-EFJ) e dell'Associazione Internazionale della Stampa di Bruxelles.

La censura nei confronti di un giornalista che formula domande scomode rappresenta uno dei segnali più allarmanti di deterioramento democratico. In ogni ordinamento che si definisca liberale, la libertà di stampa costituisce un presidio essenziale: essa garantisce non soltanto la circolazione delle informazioni, ma soprattutto la possibilità di sottoporre il potere a un controllo costante, critico e indipendente. Impedire a un giornalista di interrogare un decisore politico o un attore istituzionale equivale, in termini sostanziali, a recidere uno dei canali primari attraverso cui la società civile può verificare la veridicità delle narrazioni dominanti.

Un simile atto deve essere compreso come una forma di violenza politica: non necessariamente fisica, ma simbolica e strutturale. La violenza risiede nella volontà di neutralizzare il dissenso, riducendo lo spazio pubblico a un luogo di consenso forzato. Zittire una voce scomoda significa trasmettere un messaggio intimidatorio a tutto il corpo sociale: alcune domande non possono essere poste, alcune verità non devono emergere. Tale dinamica produce un effetto di autocensura che si diffonde ben oltre il singolo caso, generando un clima in cui il dibattito critico viene percepito come rischioso o improprio.

La censura giornalistica costituisce, inoltre, una violazione delle libertà fondamentali sancite dalle carte costituzionali e dalle convenzioni internazionali. Limitare l'attività di chi svolge un ruolo di mediazione informativa significa limitare, in via indiretta, il diritto dei cittadini a essere informati. Si tratta di un attacco sistematico alla democrazia, che non può funzionare senza trasparenza, pluralismo e responsabilità pubblica. Ogni tentativo di silenziare il giornalismo investigativo contribuisce, infine, a una falsificazione della realtà: quando le domande scomode vengono bandite, ciò che rimane non è una verità condivisa, ma una costruzione artificiale funzionale agli interessi del potere. In questo senso, la censura non è un incidente marginale, bensì un sintomo grave e rivelatore di regressione democratica.

L'esempio di Nunziati - che non è il primo e, purtroppo, potrebbe non essere l'ultimo - è la misura della ipocrisia sempre più violenta della dittatura europea. Una violenza che lascia presagire una trasformazione imminente dell'assetto politico.

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