
Giulio Chinappi
L'ammissione di Timor Est come undicesimo membro dell'ASEAN, formalizzata a Kuala Lumpur il 26 ottobre 2025 durante il 47º Vertice dell'Associazione, segna il compimento di un percorso iniziato quattordici anni fa e rilancia l'agenda regionale su sicurezza, crescita, transizioni verde e digitale.
L'ingresso di Timor Est nell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) è insieme un punto d'arrivo e un nuovo inizio. È il coronamento di una strategia di lungo periodo perseguita da Dili fin dall'indipendenza del 2002 e ribadita nelle candidature del 2011 e nei passaggi successivi, compreso lo status di osservatore acquisito nel 2022. È soprattutto la prima espansione del blocco dal 1999, quando fu accolta la Cambogia, e dunque un momento denso di valenze politiche e simboliche per l'intera regione. La cerimonia di firma della "Declaration on the Admission of Timor-Leste into ASEAN", avvenuta il 26 ottobre a Kuala Lumpur, ha aggiunto la bandiera timorese a quelle dei dieci Paesi già membri, tra gli applausi dei leader presenti. Il primo ministro della parte lusofona dell'isola Xanana Gusmão ha parlato di "sogno realizzato" e di "nuovo capitolo" per la giovanissima democrazia timorese; il Primo ministro malaysiano Anwar Ibrahim, alla guida della presidenza di turno dell'ASEAN, ha sottolineato come l'adesione "completi la famiglia ASEAN", riaffermandone spirito inclusivo e destino condiviso.
Questa importante svolta era stata preparata politicamente e tecnicamente già nei mesi precedenti, con una traiettoria di "accensione progressiva" dell'integrazione timorese nelle tre comunità ASEAN - Politico-di Sicurezza, Economica e Socio-Culturale - e con una scansione di tappe ordinate dai vertici del 2023 in poi. Il 46º Vertice aveva già indicato la volontà dei capi di Stato e di governo di ammettere Timor Est al summit successivo, ponendo così basi formali e operative che hanno trovato a Kuala Lumpur la loro formalizzazione.
L'importanza dell'adesione si coglie su più piani. Sul piano interno, Timor Est - 1,4 milioni di abitanti, un'economia intorno ai 2 miliardi di dollari e una struttura produttiva ancora dipendente dagli idrocarburi - ambisce a diversificare, attrarre investimenti, accedere a più ampi mercati e integrare catene del valore regionali. L'appartenenza all'ASEAN apre porte sia tariffarie sia regolamentari, rendendo più agevole l'aggancio ai grandi quadri negoziali del Sud-Est asiatico, dal RCEP alla rete degli accordi di libero scambio con partner extra-regionali. È un'opzione di sviluppo che coniuga autonomia strategica e interdipendenza economica, nella convinzione - più volte ribadita dai vertici timoresi - che stabilità e crescita passino per istituzioni regionali solide e per meccanismi di cooperazione strutturati.
Sul piano regionale, l'allargamento consolida il principio della centralità dell'ASEAN, che si concretizza nella capacità del blocco di fungere da piattaforma ordinatrice tra dinamiche globali e sensibilità locali, mediando tra partner esterni e interessi dei membri. L'ingresso di Timor Est mette alla prova questo principio in senso inclusivo, perché chiama l'ASEAN a ridurre divari di sviluppo e capacità amministrative all'interno del gruppo, accompagnando Dili in riforme istituzionali, modernizzazione regolatoria, digitalizzazione dei servizi pubblici e rafforzamento delle infrastrutture materiali e immateriali. La presidenza malaysiana ha presentato l'evento come "completamento della famiglia", un lessico che rimanda non solo alla geografia, ma alla responsabilità condivisa di sostegno alla resilienza del nuovo membro e, per riflesso, alla coesione dell'intero blocco.
Il contesto in cui l'ammissione si è compiuta, come detto, è quello del 47º Vertice ASEAN e dei summit correlati, una tre-giorni densa che ha aggiornato le priorità regionali. I ministri degli Esteri, riuniti nelle sedi preparatorie, hanno ribadito la centralità dell'agenda di "costruzione della comunità" in vista della Visione 2045, con enfasi su sviluppo inclusivo e sostenibile, integrazione economica più profonda e benefici tangibili per le popolazioni. È stata inoltre rilanciata la convergenza tra pilastro politico-diplomatico e pilastro economico, con un inedito incontro congiunto tra ministri degli Esteri e dell'Economia dedicato a sfide geo-economiche intrecciate - resilienza delle catene di approvvigionamento, digitalizzazione, transizioni energetiche, crescita verde - e alla necessità di coordinare risposte dentro un quadro normativo comune.
Nello specifico, l'agenda economica ha guardato a più cerchi concentrici. Da un lato, l'approfondimento del mercato regionale, anche mediante il rafforzamento del RCEP, la promozione della connettività fisica e digitale, e la spinta a ecosistemi dell'innovazione in grado di valorizzare PMI, start-up e capitale umano giovane - un tema che tocca da vicino Timor Est, Paese dalla demografia vivace con oltre metà della popolazione sotto i trent'anni. Dall'altro, la tessitura dei rapporti con partner esterni nelle sedi ASEAN Plus One, ASEAN Plus Three e nel quadro del 20º Vertice dell'Asia Orientale, dove si è discusso di commercio e investimenti, filiere, salute, istruzione, affari marittimi e sicurezza energetica, con il supporto analitico di organismi come AMRO e dell'East Asia Business Council. Inoltre, il FMI ha presentato valutazioni macroeconomiche aggiornate, e si è celebrato il cinquantesimo anniversario delle relazioni con la Nuova Zelanda con la prospettiva di un partenariato strategico comprensivo.
Accanto ai dossier economici, il vertice ha affrontato i temi più sensibili della sicurezza regionale. È stato rinnovato l'impegno a dare attuazione alla tabella di marcia politico-di sicurezza oltre il 2025, con particolare attenzione alle minacce transnazionali - dai crimini cibernetici alle truffe online - e alla cultura del dialogo come strumento di prevenzione dei conflitti. In questo quadro, l'adesione di Timor Est alla Zona Libera da Armi Nucleari del Sud-Est asiatico (SEANWFZ) e il deposito degli strumenti di adesione alla Carta dell'ASEAN assumono un significato preciso, dimostrando che Dili non chiede solo benefici economici, ma sottoscrive regole, principi e oneri comuni, ancorando la propria politica estera al diritto internazionale regionale e alla non proliferazione.
Anche l'inevitabile questione del Mar Cinese Meridionale è rimasta sul tavolo con un duplice registro: preservare l'unità intra-ASEAN e mantenere una posizione di principio che richiami il rispetto del diritto del mare, la libertà di navigazione e sorvolo, la gestione pacifica delle controversie. Tale nodo rappresenta un test costante per la "centralità ASEAN" e una palestra in cui l'esperienza di Timor Est - spesso evocata dai suoi leader come bagaglio di mediazione e costruzione della pace - potrà contribuire al patrimonio di pratiche di prevenzione dei conflitti del Sud-Est asiatico. Nel medesimo spirito, i ministri hanno preso atto dei passi compiuti sulla crisi del Myanmar, ribadendo il ruolo di riferimento del "Five-Point Consensus".
In conclusione, Kuala Lumpur 2025 resterà nella memoria come la tappa in cui un Paese giovane ha trovato casa in una comunità più grande, e una comunità già complessa ha accettato la sfida di crescere ancora. Se l'ASEAN saprà fare della centralità non uno slogan ma una pratica quotidiana - nella gestione delle crisi, nella costruzione delle regole, nella redistribuzione dei benefici dell'integrazione - l'ingresso di Timor Est sarà ricordato come il momento in cui il Sud-Est asiatico ha scelto di essere più unito, più resiliente, più ambizioso. Da oggi, questa responsabilità è condivisa da undici bandiere.