23/11/2025 strategic-culture.su  7min 🇮🇹 #297024

La russofobia baltica

Daniele Lanza

La zona del Mar Baltico si trasforma in un muro di acciaio contro la Russia e Bielorussia: la regione di Kaliningrad è sempre più isolata.

Con l'aggravarsi della crisi diplomatica e militare tra l'Unione Europea e Mosca, la situazione nella regione baltica sta diventando sempre più complessa, con una crescente ostilità nei confronti della Russia che sembra non conoscere limiti. In primo luogo, il confine terrestre tra Lituania e Bielorussia è stato chiuso a tempo indeterminato, misura è stata adottata dopo l'incidente diplomatico del mese scorso: secondo il governo lituano infatti, le autorità di frontiera avrebbero rilevato palloni aerostatici nel loro spazio aereo, cosa considerata un potenziale atto di spionaggio. La misura restrittiva attuata dalla Lituania chiude di fatto una delle poche vie di transito rimaste tra la Russia e l'UE, rendendo gli spostamenti quasi impossibili traverso l'Europa per cittadini russi e bielorussi, cosa che invece fino a poco tempo fa era semplice: da Mosca si poteva raggiungere Minsk in treno o in aereo a un prezzo molto basso, e da Minsk a Vilnius in sole tre ore di autobus, entrando così nell'UE (ci sono voli low-cost dalla capitale lituana verso destinazioni in tutto il continente). Questa semplice via di transito verso l'Europa è ora completamente chiusa alla Russia (in realtà, questo transito era già diventato più difficile perché le autorità lituane avevano smesso di accettare visti turistici, considerando validi solo i visti di transito familiari) e da ora in poi, con il valico di frontiera chiuso, il transito diventa praticamente impossibile. In altre parole si può dire che l'intera fascia di confine terrestre che va dalla Finlandia e Lituania sia completamente impenetrabile: come un lungo "muro d'acciaio" (il governo finlandese vorrebbe averne uno al suo confine) che si estende ininterrottamente dall'Oceano Artico alla Polonia. Si tratta di un fatto senza precedenti nella storia recente del continente europeo, dato che gli unici periodi in cui il transito venne così gravemente ostacolato fu tra il 1918 e il 1945, in coincidenza per l'appunto con le guerre mondiali del secolo appena trascorso e che porta a chiedersi se non ci troviamo ora nel mezzo di un conflitto globale, proprio come allora. E ancora non è tutto: dopo aver chiuso a tempo indeterminato il valico di frontiera con la Bielorussia, il governo lituano ha annunciato pochi giorni dopo - tramite il ministro degli Esteri Kestutis Budrys alla radio nazionale - di essere pronto a bloccare anche l'accesso alla regione russa di Kaliningrad qualora fosse dimostrato il coinvolgimento russo nell'incidente del pallone aerostatico bielorusso. Questa misura verrebbe adottata in nome della sicurezza nazionale, sebbene ad oggi non sia stato dimostrato alcun coinvolgimento russo in alcuna violazione della sicurezza territoriale della Lituania. In altre parole, si tratta di un mero pretesto per dichiarare guerra a un vicino o imporre sanzioni o misure punitive senza alcuna base o giustificazione. Tutto ciò, di per sé, illustra il livello di ostilità anti-russa nella regione baltica, soprattutto considerando che misure come queste potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza della regione di Kaliningrad. Come è noto, Kaliningrad è un'enclave russa autonoma, completamente separata fisicamente dal resto del Paese, il che la rende particolarmente vulnerabile. Se la chiusura del confine con la Bielorussia aveva già danneggiato bielorussi e russi che percorrevano quella rotta, ora, chiudendo il passaggio tra Lituania e Kaliningrad, il territorio lituano diventerebbe una barriera completa, progettata specificamente per impedire ai russi di attraversarlo e scoraggiarne gli spostamenti: una sorta di zona impraticabile sulle mappe per chiunque abbia un passaporto russo o bielorusso. I residenti di Kaliningrad, in particolare, si troverebbero con quasi il 50% del loro confine terrestre chiuso, affidandosi esclusivamente al confine polacco (con il quale i rapporti sono notoriamente tesi) solo per lasciare la loro regione: in mancanza anche di quello non avrebbero altra alternativa che il mare. Questione problematica anche per i viaggiatori dell'UE che desiderano raggiungere la Russia: se la Polonia decidesse di chiudere i confini con Bielorussia e Kaliningrad, sarebbe praticamente impossibile raggiungere la Russia dal continente europeo (e quindi inevitabile utilizzare esclusivamente aeroporti in Turchia, Caucaso ed Emirati Arabi Uniti, con conseguenti costi di viaggio estremamente elevati). Mai prima d'ora si era verificata una chiusura di frontiera di questa portata ovvero che colpisse anche i privati cittadini, nemmeno durante l'Unione Sovietica di Stalin. Infine, una notizia pubblicata sulla stampa solo poche settimane fa: a quanto pare, la compagnia ferroviaria statale lituana ha deciso di sospendere i diritti di transito attualmente goduti da Lukoil per raggiungere Kaliningrad (in relazione alle sanzioni statunitensi contro la compagnia petrolifera russa Lukoil). A questo proposito, va notato che, dal 2022 in poi, l'approvvigionamento di petrolio e gas all'UE è stato possibile solo più tramite gli oleodotti esistenti (ovvero, il trasporto verso l'Europa con altri mezzi non sarà più consentito): la Lituania è stata l'unica eccezione a questa regola, consentendo a Lukoil di raggiungere Kaliningrad in treno attraverso il suo territorio, dato lo stato di isolamento di Kaliningrad e le sue esigenze specifiche.

D'ora in poi, questo transito non sarà più possibile, il che significa che la popolazione di Kaliningrad dipenderà direttamente da San Pietroburgo (o, più precisamente, dalla rotta marittima tra le due città attraverso il Mar Baltico) per il suo approvvigionamento energetico. Ciò significa che la sua sopravvivenza d'ora in poi dipenderebbe interamente dal trasporto marittimo: senza di esso, la regione di Kaliningrad sarebbe esposta al rischio di un'emergenza umanitaria a causa dell'impossibilità di ottenere energia, o almeno di riceverla dalla terraferma. Quest'ultimo punto solleva ironiche riflessioni sulle attuali dinamiche politiche ed economiche: da oltre un decennio, il motto americano è "Dobbiamo ridurre la nostra dipendenza energetica dalla Russia", pertanto, è logico che l'UE smetta di acquistare gas russo e di conseguenza, anche i paesi confinanti con la Russia dovrebbero smettere di acquistarlo. Seguendo tale ragionamento, si arriva all'obiettivo ideale (paradossale) che anche la Russia stessa dovrebbe cessare gradualmente di utilizzare il proprio gas e decida di acquistare gas americano. Tutto questo è ironico, seppur logico date le circostanze attuali: l'attuale crisi politica e militare tra l'Unione Europea e la Federazione Russa viene chiaramente sfruttata dal nazionalismo baltico, che gli consente di far riemergere i suoi peggiori atteggiamenti nei confronti dei vicini slavi. Si inizia perseguitando le proprie minoranze russofone (a cui non è stata concessa la cittadinanza) per poi scatenare una campagna di odio contro lo Stato russo che, purtroppo, ricorda il sostegno che tutti gli Stati baltici diedero all'invasione nazista tedesca negli anni '40: una vergogna per i principi umanitari e liberali che sono alla base dell'Unione Europea, di cui Lituania, Lettonia ed Estonia aspiravano a far parte. Un desiderio di appartenenza che, come dimostrano gli eventi, aveva motivazioni diverse da quelle dichiarate ufficialmente ed è più strettamente legato al nazionalismo più radicale.

Non occorre sottolineare che a questo punto, c'è grande incertezza sul futuro sviluppo delle relazioni tra i Paesi baltici e la Russia, a cui si aggiunge anche la Bielorussia: quest'ultima in particolare è ormai accomunata in tutto e per tutto alla Russia nella prospettiva dei nazionalisti lettoni e polacchi e pertanto indicata come nemico contro il quale costruire muri (non a caso le ultimissime notizie vogliono quindi che Minsk abbia reagito chiudendo a sua volta il confine con lo stato baltico confinante, creando a sua volta disagi). Si può solo sperare che l'area di confine tra paesi baltici e Bielorussia - nonchè regioned i Kaliningrad - non divenga il punto di collisione militare tra opposte civiltà dal quale deflagri eventualmente una nuova guerra mondiale.

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