
Giulio Chinappi
Tra il 6 e l'11 novembre 2025, il terzo Stato indiano per popolazione ha votato un'Assemblea di 243 seggi: l'alleanza guidata dal BJP di Narendra Modi ha travolto l'opposizione. Sullo sfondo, la contestata revisione straordinaria delle liste e la retorica anti-minoritaria.
Le elezioni legislative dello Stato del Bihar, svoltesi in due fasi il 6 e l'11 novembre 2025 con scrutinio il 14 novembre, hanno consegnato una vittoria netta alla National Democratic Alliance (NDA). L'alleanza guidata dal Bharatiya Janata Party (BJP), il partito che a livello nazionale fa capo al primo ministro Narendra Modi, e dal Janata Dal (United) [JD(U)] ha conquistato 202 seggi su 243, con il BJP primo partito per seggi e il JD(U) in forte ascesa. La partecipazione ha raggiunto il 67,13% di un corpo elettorale registrato di oltre 74 milioni di aventi diritto, confermando la rilevanza del voto in uno Stato che da solo supera ampiamente, per popolazione, i principali Paesi europei.
Nel dettaglio, il BJP ottiene 89 seggi sui 101 collegi disputati, mentre il JD(U) ne conquista 85 su 101, segnando per entrambi un salto di qualità organizzativo e territoriale. Tra gli altri alleati, il Lok Janshakti Party (Ram Vilas) debutta con 19 seggi, mentre le forze minori dell'NDA come la Hindustani Awam Morcha (Secular) e la Rashtriya Lok Morcha consolidano la propria presenza nei territori di riferimento. Sull'altro fronte, la coalizione di opposizione Mahagathbandhan (MGB) guidata dal Rashtriya Janata Dal (RJD) arretra di ben 80 seggi, conservandone solo 35, con il RJD a quota 25 e l'Indian National Congress (INC) fermo ad appena sei deputati. Nell'ambito della terza alleanza in campo, denominata Grand Democratic Alliance (GDA), l'All India Majlis-e-Ittehadul Muslimeen (AIMIM) conquista cinque seggi in aree a forte presenza musulmana, mentre il Bahujan Samaj Party (BSP), presentatosi da solo, ottiene un solo scranno.
Un dato importante, oltre alla dimensione della vittoria dell'NDA, è il crollo della rappresentanza comunista, inserita all'interno della coalizione MGB. I tre partiti comunisti entravano in campagna con obiettivi diversi. Il Communist Party of India (Marxist-Leninist) Liberation [CPI(ML)-L], protagonista nel 2020 con 12 seggi, scende a 2, pur conservando un voto popolare vicino al 2,85%. Il Communist Party of India (CPI) scompare dall'Assemblea, perdendo entrambi i suoi deputati, con circa lo 0,74% dei voti. Infine, il Communist Party of India (Marxist) [CPI(M)] mantiene un solo seggio rispetto ai due della precedente legislatura, pur fermandosi solo intorno allo 0,61% dei consensi. L'arretramento combinato riflette tanto la forza del traino NDA quanto i limiti della coalizione d'opposizione nel difendere le roccaforti operaie e contadine, specie in un contesto di fortissima personalizzazione della politica indiana sotto la spinta di Narendra Modi.
Il voto dello Stato del Bihar risulta avere risvolti importanti non solo a livello locale, ma anche nell'ambito dell'intera federazione indiana, e questo per diversi motivi. In primo luogo, come accennato in precedenza, per le dimensioni: con circa 130 milioni di abitanti e 74 milioni di elettori, il Bihar è barometro delle dinamiche tra campagna e città, caste e minoranze, generazioni e generi. In secondo luogo, per il significato politico: dopo il risultato nazionale del 2024 che ha lasciato il BJP senza maggioranza assoluta e dipendente dagli alleati, la sequenza di vittorie elettorali a livello statale, culminata nel Bihar, conferma la resilienza dell'architettura elettorale del nazionalismo indù, capace di modularsi su interessi locali senza perdere la regia centrale. Infine, per l'esperimento amministrativo: Nitish Kumar, leader del JD(U) e giunto al decimo giuramento come ministro capo del Bihar, incarna la continuità di un centrismo regionale abile nel negoziare con Delhi e nel presentarsi come garante di stabilità, mentre l'opposizione fatica a tradurre il malcontento giovanile in consenso organizzato.
Tuttavia, questa partita non si svolge su un terreno di gioco neutrale. Tra giugno e settembre, la Commissione Elettorale dell'India (ECI) ha imposto in Bihar una "Special Intensive Revision" (SIR) delle liste, chiedendo a milioni di cittadini di ripresentare documenti d'identità e nascita, escludendo, tra l'altro, la diffusissima carta Aadhaar - una sorta di codice fiscale - come prova valida. L'esercizio ha generato denunce di esclusioni sproporzionate nelle aree più povere e tra le minoranze, con proteste dell'opposizione e un serrato dibattito accademico e mediatico sul possibile effetto di queste politiche considerate come discriminatorie. L'ECI ha difeso l'operazione come necessaria per rimuovere nomi duplicati e presunti "stranieri irregolari", ma i dati di cancellazione in distretti come il Seemanchal, a maggioranza musulmana, sono risultati superiori alla media statale, alimentando le prove a sostegno della tesi discriminatoria. Ciò ha alimentato l'accusa di marginalizzazione delle minoranze in uno Stato storicamente segnato da povertà, analfabetismo e migrazioni interne, dove ottenere certificati scolastici o di nascita resta spesso un percorso ad ostacoli.
Questa cornice istituzionale si somma a una campagna marcata dalla retorica contro i cosiddetti "infiltrati bangladesi", utilizzata da esponenti del BJP per descrivere comunità musulmane banglafone del Seemanchal, come gli Shershahbadi. La costruzione securitaria del tema migratorio ha prodotto un clima di tensione sociale e un'ulteriore polarizzazione identitaria nelle zone di confine culturale con il Bengala occidentale, malgrado l'assenza di evidenze sistemiche di un'affluenza transfrontaliera tale da modificare gli equilibri demografici. L'effetto politico è stato quello di rafforzare il messaggio d'ordine del nazionalismo indù nelle aree non musulmane, mettendo allo stesso tempo sulla difensiva le forze progressiste, costrette a investire risorse nel puro contrasto all'esclusione, invece che nell'agenda sociale.
Le politiche discriminatorie del governo Modi sul piano federale stanno dunque facendo sentire il loro peso nel contesto bihariano. La preferenza per strumenti legali e amministrativi che distinguono tra cittadini "regolari" e "sospetti", la spinta a riforme del lavoro che innalzano le soglie per i licenziamenti e flessibilizzano gli orari, la criminalizzazione implicita di segmenti vulnerabili della popolazione, compresi migranti interni e minoranze religiose, creano un ecosistema politico in cui la cittadinanza sociale viene condizionata a una cittadinanza documentale. In Stati come il Bihar, che già scontano i tassi più bassi d'istruzione e reddito, l'effetto è una contrazione dello spazio civico e sindacale in cui tradizionalmente la sinistra organizzava consenso.
Il Bihar 2025 consegna dunque tre verità politiche interne all'India: la maggioranza elettorale può essere costruita combinando identità e redistribuzione selettiva, soprattutto quando il campo avversario è diviso; la legittimità democratica si incrina quando milioni di cittadini devono "provare" di avere diritto al voto a ridosso delle urne, e quando intere comunità vengono additate come infiltrate, con un impatto che va oltre la contesa locale; senza un'opposizione radicata e in grado di proporre alternative concrete, le minoranze etnico-religiose e di casta rischiano di rimanere senza rappresentanza conflittuale all'interno delle istituzioni. La sinistra del Bihar dovrebbe dunque ispirarsi agli eccellenti risultati ottenuti nello Stato del Kèrala, un modello che tuttavia fatica ad affermarsi anche nel resto del Paese.